I biscotti di Prato ai pistacchi e cioccolato bianco
Ri-cotta: cotta due volte, visto che il caglio rimasto dalla produzione del formaggio viene di nuovo riscaldato per preparare la ricotta.
Ri-bollita: la zuppa di pane, fagioli e cavolo nero che viene bollita per la seconda volta, il giorno successivo.
Bis-cotto, cioè cotto in forno due volte. Così come la ricotta, così come la ribollita, nel nome del biscotto è racchiuso il suo destino e il suo procedimento di lavorazione. Oggi i biscotti di Prato con le mandorle sono chiamati indifferentemente biscotti o cantucci, ma in passato con questi due nomi ci si trovava di fronte a due prodotti ben differenti, che condividevano però lo stesso modo di produzione. L’idea di cuocere due volte un prodotto permetteva di trovare una soluzione a un’importante esigenza, quella di conservare a lungo pane o gallette.
Dal Medioevo in poi i cantucci si caratterizzano come filoncini di pasta di pane, aromatizzati con semi di anice o finocchio, tagliati trasversalmente e cotti in forno per una seconda volta. Anche i cantucci, nel Rinascimento, come gli odierni biscotti, venivano inzuppati nel vino dolce, e si riteneva che fossero corroboranti e aggiustassero lo stomaco.
I biscotti con le mandorle, chiamati bischotelli, avevano però ingredienti diversi, nonostante condividessero lo stesso procedimento di lavorazione e cottura. Se ne trova traccia già durante i banchetti alla corte di Caterina de’ Medici, nel XVI secolo. Erano più pregiati e costosi dei cantucci perché oltre alle mandorle avevano anche le uova, ingrediente che li classificava immediatamente come prodotto di lusso.
Facendo un salto temporale si arriva a una data importante, il 1858, quando Antonio Mattei apre il suo biscottificio a Prato. Il biscottificio produce tanto i cantucci, aromatizzati con semi di anice e finocchio, quanto i biscotti con le mandorle, che grazie ai numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali diventano pian piano i biscotti di Prato. Nel 1908 il biscottificio passa alla famiglia Pandolfini, che ancora oggi, dopo tre generazioni, produce questi biscotti buonissimi, che sanno di casa e tradizione.
Oggi è però difficile andare a individuare la ricetta originale per fare i biscotti di Prato, esistono varianti, sostenute a spada tratta da pasticcieri e biscottifici, scrittori e famiglie.
I biscotti di Prato con pistacchi e cioccolato
Come avrete capito oggi siamo a Prato per il giro della Toscana con Ventura. Abbiamo fatto questo viaggio nel tempo tra cantucci e biscotti grazie al libro La vera storia dei cantucci e dei biscotti di Prato, che cerca di riassumere brevemente tradizione, storia e iconografia di questo prodotto così caratteristico di Prato da portare nel mondo il suo nome.
I protagonisti di oggi sono però i pistacchi: non solo le mandorle vanno infatti ad arricchire i biscotti di Prato, ma a seconda dell’occasione anche nocciole (e cioccolato fondente, provate) o pistacchi e cioccolato bianco. Questa è forse la mia combinazione preferita, elegante, raffinata e irresistibile, con un caffè forte o un tè nero, ma anche da soli, a metà mattina o nel pomeriggio, per spezzare la fame e la voglia di cose buone.
I biscotti di Prato con pistacchi e cioccolato bianco
Ingredienti
- 3 uova
- 220 g di zucchero
- 280 g di farina tipo 0
- 5 g di lievito per dolci
- Scorza di 1 arancia non trattata
- 1 pizzico di sale
- 120 g di pistacchi non salati
- 100 g di cioccolato bianco, tritato
Istruzioni
- Scaldate il forno al massimo, o a 250°C.
- Versate due uova intere e un tuorlo in una ciotola. Tenete da parte l’albume in più, vi servirà in seguito. Montate con una planetaria o con le fruste elettriche le uova con lo zucchero fino a che non otterrete un impasto chiaro e spumoso.
- Incorporate a questo punto la farina setacciata con lievito e sale e, alla fine, la scorza grattata di un’arancia. Aggiungete alla fine i pistacchi e il cioccolato tritato e mescolate quel tanto che basta a incorporali all’impasto.
- Foderate una teglia con la carta da forno e con l’aiuto di una spatola formate con l’impasto due salsicciotti, lunghi circa 30 centimetri e larghi non più di 8 centimetri.
- Sbattete l’albume con una forchetta finché non diventa spumoso, poi spennellatelo sul salsicciotto di impasto.
- Abbassate il forno a 180°C e infornate i biscotti. La temperatura molto alta farà in modo che i biscotti non si allarghino troppo appena infornati.
- Cuocete i biscotti per circa 20-25 minuti, finché non sono ben dorati fuori ma ancora leggermente umidi dentro. Se premete la superficie deve risultare abbastanza dura ma ancora un po’ arrendevole.
- Lasciate raffreddare i biscotti per circa 5 minuti, poi tagliateli su un tagliere con un coltello ben affilato. I biscotti dovranno essere spessi circa 2 centimetri.
- Disponete i biscotti sulla teglia da forno e cuoceteli per altri 15 – 18 minuti, finché non sono dorati in superficie. Lasciateli raffreddare completamente su una gratella, poi conservateli in una biscottiera o una scatola di latta. Si mantengono bene per settimane.
I pistacchi – Curiosità
A Roma fu il governatore della Siria Vitellio, nel I secolo dopo Cristo, a introdurre l’uso del pistacchio. Il più famoso ricettario di epoca romana, il De re coquinaria di Marco Gavio Apicio, lo elenca tra i suoi ingredienti. Pompeo Crasso ne avviò invece la coltivazione nella penisola Iberica.
Uso spesso i pistacchi, soprattutto nel salato, come negli gnocchetti senza glutine con pesto di pistacchi, nella pasta integrale con pesto di pistacchi, o negli spaghetti con ricotta, pistacchi e peperoni cruschi. Ultimamente li trito con un coltello insieme a un po’ di menta fresca e mi piace usarli per aggiungere colore e freschezza a riso integrale e lenticchie.
Il giro della Toscana con Ventura
Insieme a Ventura stiamo percorrendo la Toscana per scoprire come di zona in zona cambia l’uso della frutta secca, come nocciole, noci, pinoli e mandorle diventano biscotti, torte, pani o ripieni con una spiccata impronta locale. Ecco le tappe già fatte:
- La spongata della Lunigiana. Qui pinoli, mandorle e fichi secchi sono mescolati a marmellata di arancia, confettura di fichi e di mele per formare un ripieno appiccicoso e speziato, racchiuso tra due dischi di frolla.
- I quaresimali fiorentini. La ricetta è tradizionalmente priva di grassi animali, quindi niente tuorli, solo albumi. Basta un cucchiaio di cacao amaro e una manciata di nocciole per creare però biscotti che non riesci a smettere di sgranocchiare, allettato dall’idea che, in fondo, non facciano poi così male…
- La torta coi bischeri di Pisa. Questa torta ha in più il pregio di essere veloce da realizzare e arricchita da un ripieno denso di cioccolato, canditi, uvetta e pinoli. Accompagna degnamente un caffè o un bicchierino di vinsanto dopo un pranzo di famiglia.
- Il buccellato di Lucca, un dolce costituito da pasta di pane, arricchita solitamente da zucchero, uvetta esemi di anice, un altro ingrediente molto diffuso in biscotti e pani dolci della Toscana.
- Il baccalà in agrodolce di Livorno, con uvetta e pinoli, che rappresenta bene la cucina livornese, fatta di pesce povero, concentrato di pomodoro e influenze vivificanti apportate da altre culture, tutte accolte in città e inglobate in quella che più che una melting pot è una pentola di cacciucco.
Mi piace sentire che hai modernizzato i cantucci, da ” importata” non osavo farlo, ma oggi li faccio subito, dato che i pistacchi li ho. Grazie
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[…] preparargli una scatola di biscotti – qui sul blog li trovi al cioccolato bianco e pistacchi, ma anche integrali con avena e noci, con nocciole, orzo e cacao o anche i burrosi occhi di bue – […]
Tutto ciò che fai mi incanta!!!!! Complimenti per tutto!
grazie Mara! 🙂
Bongiono, grazie, me piace tanto gli cantucci.