Il Bucaniere di San Vincenzo (Livorno)
Mi sono resa conto che, nonostante ve lo avessi promesso tempo fa, non vi ho ancora raccontato niente del nostro weekend tra amiche a Cecina, San Vincenzo e Livorno, a percorre in lungo e largo la bellissima Costa degli Etruschi toscana. Eppure son passate già tre settimana, l’abbronzatura e il profumo della salsedine stanno pian piano sfumando e la mancanza dell’odore di mare sta già iniziando a farsi sentire.
La nostra storia comincia a mezzogiorno, quando stavamo guidando sul Lungomare di Livorno, stretti nella mia macchinina bianca, in uno dei giorni più caldi che ricordi, son sicura che erano almeno 40°C sotto al sole. Stavamo cercando il mercato centrale di Livorno, un parcheggio anche piccolino, e il posto giusto per fare pranzo.
Una combinazione di caldo, odore di mare, sole e vacanze ci rendeva particolarmente euforiche, e stavamo parlando di libri di cucina – che novità. Ma non di libri di cucina di cui potresti aver bisogno in una giornata di mare toscana – tipo i 101 modi per cuocere il pesce azzurro – no, di libri di cucina di cui parleresti davanti ad un camino con un tazza di Earl Gray in mano, avvolta in una coperta di lana a quadri scozzesi. Il libro in questione è Nose to Tail Eating – A kind of British Cooking, di Fergus Henderson.
Fergus Henderson è lo chef inglese che ha aperto nel 1994 il St. John Restaurant nel quartiere Spitalfields di Londra: sito in un vecchio affumicatoio, il ristorante ha un aspetto spartano, con i suoi muri spogli dipinti di bianco, e i particolari neri a contrasto, ma serve un menu che ha lasciato tutti a bocca aperta fin dall’inizio per la sua audacia e semplicità. E’ un menu nose to tail, dal naso alla coda, dove si celebrano tutte le parti meno nobili degli animali, e non solo, che vengono esaltate in preparazioni saporite, senza pretese ma ricche di ingegno e pazienza.
Emiko lo ha incontrato a Melbourne ed è rimasta affascinata dai sui modo diretti, ironici. Ha consigliato il libro a me e Regula, appassionate anglofile, dicendo che saremmo rimaste incantate dal suo modo di scrivere, oltre che dalle ricette. Aveva ragione.
Non ho mai mangiato al St. John (per adesso) e per il momento del libro – che ho comprato appena rientrata a casa – ho letto solo l’introduzione. Un’introduzione che nella nuova edizione è scritta niente di meno che da Anthony Bourdain, un altro che con le parole ci sa davvero fare, che già di Ferguson aveva parlato con entusiasmo e affetto nel suo libro A cook’s Tour. Sono bastate tre pagine di introduzione per farmi cominciare a risparmiare in vista di una prossima cena al St. John. Ma ecco cosa mi ha colpito:
Chiedi a qualsiasi chef di qualsiasi ristorante con tre stelle Michelin quale sia il suo piatto preferito da mangiare e spesso riceverete risposte come ‘confit d’anatra’, ‘il pied cochon di mia madre’ o ‘uno stinco di agnello o di vitello ben brasato’. Questi sono i piatti che per primi hanno insegnato a cucinare a molti di noi, il fondamento assoluto dell’alta cucina. Quasi tutti – dopo qualche tentativo – possono grigliare un filet mignon o un filetto di manzo. Uno scimpanzé ammaestrato può cuocere un astice a vapore. Ma serve amore, tempo e rispetto per gli ingredienti che abbiamo a disposizione per affrontare in modo corretto l’orecchio di un maiale o un rene. E la ricompensa è enorme.
E qui si capisce cosa c’entra questa divagazione con il weekend sulla costa degli Etruschi. Leggendo queste parole mi è tornato in mente in un flash Fulvietto Pierangelini, con le mani sporche di pesce e gli occhi che brillavano, che nella cucina del Bucaniere ci parlava con entusiasmo della razza, dicendo che per cucinare un pesce del genere serve passione, tempo, attenzione.
Fulvietto ha usato le stesse parole con cui Bourdain ha descritto la cucina di Ferguson: è facile cucinare un’aragosta, è facile stupire con un tonno, ma ci vuole tempo, bisogna saperci fare per tirare fuori il meglio dai pesci poveri della tradizione. Quando si ha rispetto degli ingredienti e ci si dedica con pazienza alla loro trasformazione i risultati sono inarrivabili, si ottengono piatti veri, genuini, pieni di sapore, insoliti. Lo era la sua pasta alla razza, come lo era il filetto di palamita avvolto nella rete di maiale che ha vinto il concorso Tutti pazzi per la palamita.
Ho conosciuto Fulvietto e il suo ristorante il Bucaniere proprio in occasione della manifestazione dedicata alla palamita che si è svolta a San Vincenzo a maggio. Già allora, conquistata al primo boccone di palamita servita avvolta nella rete di maiale con i funghi spontanei della pineta del litorale, gli avevo ripromesso che sarei tornata, e non da sola.
E così ho fatto: con l’occasione dell’incontro tra amiche (e foodblogger) sulla costa toscana, ho chiamato Fulvietto per prenotare una speciale lezione sul pesce povero della tradizione locale. Caso ha voluto che la lezione coincidesse proprio con la finale Italia – Spagna dell’Europeo, quindi siamo arrivati a San Vincenzo di domenica in un silenzio e in una calma irreale, che ha reso l’esperienza ancora più incredibile: pensate, un ristorante sul mare tutto per noi, al tramonto.
Mentre Zizi si godeva un’avventura vegetariana in giro per San Vincenzo, io, Emiko, Marco, Karin, Regula e Bruno siamo arrivati nel pomeriggio al Bucaniere pronti ad affrontare le temperature tutt’altro che amichevoli della cucina di un ristorante in estate. Fulvietto, però, ci ha spiazzate: volete fare la lezione in cucina o in barca? ci siamo guardati con aria stranita, in barca? ma per davvero?
Poco dopo stavamo già lasciando le scarpe sul pontile. Son scesa barcollando nella barca, e appena i miei piedi scalzi hanno sentito il pavimento asciutto e salmastro, scaldato dal sole, e il rollio delle onde, mi son ricordata delle poche volte che da piccina andavo a pescare con babbo e zio, sul gommone. Emozione, felicità.
Avrei quasi potuto provare a sentirmi una diva, in barca con gli occhiali da sole, a godermi gli spruzzi d’acqua che ogni tanto mi rinfrescavano, una mano appoggiata mollemente a toccare il mare…
Ma la mia vera natura veniva fuori ogni poco, ad ogni sussulto della canna da pesca mi tuffavo (per modo di dire) a far le foto, a catturare i riflessi delle squame del pesce, impaziente di assaggiare il pesce azzurro appena pescato, i sugarelli.
Mi ricordo che anche babbo e zio pescavano sugarelli al mare d’estate, ma così non li avevo mai mangiati. Sono di una semplicità disarmante, vengono cucinati senza nemmeno aprirli e pulirli, con qualche erba aromatica ad ingentilire il gusto, pochi minuti in padella con un filo d’olio. Fulvietto ce li ha serviti come antipasto, ad aprire una cena in riva al mare con il sottofondo delle onde e della musica di Bruce Springsteen e Sting (sembrava fatto apposta…). Meravigliosi, dal sapore di mare, leggeri e freschissimi: buoni perché si gustava anche il rispetto della materia prima, la semplicità e la sostenibilità.
Ristorante Il Bucaniere
www.ristoranteilbucaniere.com
Dalla linea architettonica essenziale, proteso verso il mare, il Bucaniere è un luogo unico, dove il tramonto diventa uno spettacolo impareggiabile.
Viale Guglielmo Marconi- 57027 San Vincenzo (Livorno)
Tel. 335 8001695
E’ la prima cosa che ho letto stamattina.
E già cominci stuzzicandomi con un libro e che libro, uno di quelli che va dritto alle cose vere della cucina. Subito dopo mi conquisti con la lezione sui pesci poveri e persino in barca. Sai organizzare dei bei fine settimana tra amiche, scoppiettanti nel vero senso della parola perché ricchi di piccoli e ricchi gesti. Già io farò fatica a dimenticarmi il tuo post, figurarsi loro, le tue amiche, a scordarsi un simile weekend in Toscana.
io mentre ero su quella barca ero quasi spaventata da quanto ero felice… è la compagnia che fa la differenza, le occasioni che si creano.. io quasi non ci credevo, sai? vedrai a Londra, le conoscerai (quasi) tutte!
Fulvietto…. Gran bella persona. Grande ricordo del nostro pranzo. Hai fatto bene ad andar da lui. Anche io ho un app in sospeso, magari a settembre…. Baci twin!
baci twin! è stato fantastico, puoi benissimo immaginarti come!
Bello il resoconto della gita!Amo molto la costa toscana e anch’io ogni estate (vabbè tranne questa) mi concedo dei weekend da quelle parti. Terrò presente il ristorante a San Vincenzo, ma soprattutto mi hai incuriosita con il ristorante di Ferguson. Hai detto spitafields eh??!!Mi sa che ci farò una capatina!
Buona giornata
Chiara
giàààà tu che puoi! credo che sia caruccio – piuttosto caruccio – ma provare almeno a vedere com’è non nuoce! eh! buona fine giornata a te!
Ho mangiato al St.John, molto buono, molto semplice, molto adatto a chi per tradizione magari familiare è abituato a mangiare anche i tagli più strani di carne (ok per i toscani, insomma). Locale molto bello, nel senso di semplice e spartano, sembra di mangiare in una vecchia bottega. Da provare. Mooolto old british.
Dai che bello! effettivamente è quello che pensavo anche io: per tradizione – familiare e regionale – noi toscani siamo piuttosto avvezzi al quinto quarto, basta fare un giro al mercato di San Lorenzo per avere un’idea… poi se mi dici che è old British, ecco, non vedo l’ora di potermelo permettere e provarlo!
Giulia che bello il tuo racconto è stata la mia lettura del risveglio 🙂 il tuo racconto è bello pieno d’estate e coinvolgente, sai quali aspetti hanno colpito me?la possibilità di chiacchierare di cucina, sembra una banalità e invece per me non è così facile da vivere (questo è uno dei motivi tra l’altro per cui ho aperto un blog); bello inoltre parlare di ricette e di libri senza per questo scivolare nella facile mostra di sé, e soprattutto bello il fatto di essere tutte amiche blogger!brave e complimenti 🙂 Laura
Laura ti capisco benissimo! io ho la fortuna che la mia migliore amica è anch’essa appassionata di cibo, e novella blogger, quindi capita spesso che si parli di queste cose…
poi anche con queste amiche blogger straniere alla fine riusciamo a vederci abbastanza spesso e a tenerci in contatto via mail. Ringraziando il cielo il blog abbrevia le distanze e ci rende possibile condividere tutto questo!
che meraviglia… mi sono commossa!
c’è un motovo per cui aspetto i tuoi post come l’acqua nel deserto, sai?
<3 bacini (chissà, magari presto certi libri in inglese potrò leggerli anche io! ;-))
sìììì! prestissimo! vedrai che dopo la full immersion di quest’estate e il tuffo dove l’acqua è più blu di settembre ti leggerai Shakespeare a colazione! (o anche Ferguson, ma non so se la testa di maiale col caffellatte ci sta bene…) baci! :*
meraviglioso. mi sono incantata. il racconto, le cose che hai fatto, quello che hai mangiato, i ricordi. tutto molto “nello stile che piace a me”. mi verrebbe voglia di rifare quello che hai fatto! 🙂 ci avevo visto lungo al primo occhio sul tuo blog! 😉 bacino! sere
Sere, grazie! siamo sulla stessa lunghezza d’onda, allora!
se hai voglia di fare un giro sulla Costa Etrusca ti do qualche dritta! ciao!
i tuoi racconti e le tue foto mi fanno sempre un pochino viaggiare con te!
Ho rifatto il tuo (anzi di tua sorella) gelato all’albicocca ed è venuto buono! Poi con le albicocche dell’orto del Papà è tutto più buono! 😉
lo dirò a Claudia, sarà felice! è bello viaggiare insieme con le parole, sapessi anche io che viaggi che mi faccio a leggere dei viaggi degli altri.. o quanto mi manca viaggiare!
Splendido racconto, bellissime immagini, ottimi spunti… come al solito vado via di qui con la voglia di leggere delle prossime pagine che scriverai.
Mi sono anche resa conto che mi sono persa diverse cose interessanti ultimamente, perciò se non ti dispiace ti aggiungo alle mie letture gustose (poche ma buone) sul mio blogroll!
Un abbraccio e alla prossima!
Nadia – Alte Forchette –
Mi fa davvero piacere Nadia! ultimamente riesco a postare non più di una volta a settimana, ma spero di riprendere un po’ il ritmo! alla prossima!
Bellissimo post, pieno di spunti e idee da leggere e da visitare… e poi pure la sorpresa di vedere i sugarelli la mia passione|| immagino di sapore unico!!
Ristorante: annotato nella lista di quelli da provare la volta che andrò da quelle parti…
sì!! i sugarelli! ^_^ anche io li adoro, sentissi com’erano questi!
se vai da quelle parti non lo puoi perdere, è fantastico, anche la vista, la location, l’aria che ci si respira.. e son convinta che ti piacerebbe tantissimo anche come cucinano!
ho assaggiato i sugarelli sott’olio (fatti tipo come il tonno) ed erano buonissimi, ma non avrei saputo cucinarli freschi, anche se li vedo al banco del pesce. ora sì, grazie!
ma che buoni fatt sott’olio, non c’avevo pensato, tipo tonno, sgombri.. buoni!
Noi eravamo lì con voi. Un tavolo dietro il vostro, che ci godevamo lo splendido tramonto. Due bimbi biondi, mio marito ed io. Incuriosita e sicura che foste blogger, ho chiesto a Fulvietto il tuo indirizzo ed eccomi qui a leggerti. Da oggi e in futuro. Piacere di conoscerti cara!
Carissima Antonella, ma che piacere! io mi ricordo benissimo di voi, e soprattutto di quei bambini biondi meravigliosi!
Mi scappa da ridere a pensare che noi foodblogger siamo così riconoscibili da lontano, ma in effetti tutti gli spostamenti, le macchine fotografiche, la ricerca della luce migliore e le esclamazioni di gioia di fronte ai piatti di Fulvietto non potevano che portare alla conclusione che fossimo un’orda di foodblogger in esplorazione.
E’ un piacere conoscerti e leggerti, alla prossima!
Giulia
What a wonderful, evocative piece. You are a lovely writer -I was there with you. I have sent this to my boyfriend, who lives in Florence. He will be thrilled to discover a new restaurant to try when I visit!
Thank you so much Stephanie! You’ll love it, it’s amazing!