Una vellutata di cavolfiore e cannellini per focalizzare
Qualche tempo fa mi sono resa conto che non riuscivo a focalizzare, a ricordare quello che dovevo fare. Mi sforzavo di essere presente a me stessa, ma il più delle volte dopo cinque minuti tutti i miei propositi svanivano. Era come scrivere sulla riva del mare. Le parole erano lì, ben impresse sulla sabbia, tracciavo con un dito pensieri, cose che dovevo ricordare, poi arrivava un’onda e dovevo ricominciare tutto da capo. Avevo perso fiducia in me stessa e gli altri, di conseguenza, stavano facendo altrettanto.
Mamma mi ricordava cento volte quello che dovevo fare, io mi spazientivo perché mi sembrava che fosse pedante e non avesse fiducia in me, poi puntualmente mi dimenticavo: piccole cose, come passare in farmacia, comprare il pane, pagare una bolletta. Insignificanti gesti quotidiani che, accumulati, mi stavano creando un malessere grigio.
Non mi riconoscevo più. Non ero più la persona responsabile che avevo sempre creduto di essere, ma una donna con la testa tra le nuvole che passava giornate intere a fare altro, con la scusa del ‘devo lavorare’. Facendo così ho ucciso diverse piante che mi dimenticavo di bagnare, ho bruciato più di un soffritto, ho bucato più di una deadline che mi ero autoimposta.
Verso la fine dell’anno ho deciso di rallentare, ve ne avevo parlato qui, ma avevo bisogno di trovare qualche attività che mi tenesse ancorata a quel presente che volevo vivere. Va benissimo programmare, ma serve poi vivere il presente con coscienza, serve immergere le mani nel qui e ora.
Ho iniziato dal semplice, con qualche piantina di erba aromatica nello studio. C’è una temperatura strana, a giorni molto umida, soprattutto se cuocio un brodo per ore, a giorni molto secca, se tutto quello che faccio è scrivere alimentando la stufa a legna con l’entusiasmo di chi getta carbone nella caldaia di un treno. Timo e rosmarino sono le piante che si adattano meglio, e faccio in modo che abbiano acqua e luce sufficiente per arrivare a primavera.
Vedere il verde nello studio ha riacceso qualcosa, ha attivato qualche connessione: ho aggiunto qualche vaso di edera che piano piano scenderà a creare tende naturali alle porte. Ho anche scoperto una curiosità per le piante grasse: è vero che richiedono sicuramente meno impegno delle aromatiche o delle piante da appartamento, ma nella mia carriera vanto anche numerosi decessi di cactus, quindi mi è sembrata una bella sfida da aggiungere a quella del timo e del rosmarino. Due vasi di zamioculcas sono già arrivati, accompagnati da piccole agavi, una gasteria, e altre piantine di cui presto scoprirà i nomi. Alimentare una curiosità appena nata è un buon proposito per il nuovo anno.
Mi occupo del lievito madre con affetto, faccio il pane con frequenza settimanale, lo faccio lievitare per più di ventiquattro ore, esercitando la pazienza, ascolto l’impasto per capire quando è pronto e cerco di cuocerlo per il tempo necessario perché si formi una bella crosta scura e croccante, senza bruciarlo. Anche questo è un successo a cui prima non avrei mai pensato di aspirare: resto sul semplice, sempre la ricetta base, ma mi serve come traccia per imparare e prendere confidenza.
Faccio i piani per l’orto che verrà, e questa sfida mi preoccupa un po’ perché, nonostante sia solo il supporto a quello che già stanno facendo mamma e nonna, qui ci ho messo la faccia con loro: dedicherò tempo, risorse e curiosità anche all’orto. Per la prima volta ho comprato semi di pomodoro, melanzane, peperoncini, fagiolini e tanti altri ortaggi. Inizierò dal seme, sperando che questo impegno a parole si tramuti anche in un’attività che mi farà sporcare le mani, immergerle nella terra a cui appartengo e raccogliere alla fine i frutti del mio lavoro. Non per nulla la mia parola del 2017 è proprio raccogliere.
Oltre a tutto questo ovviamente c’è il lavoro, che ha di nuovo assunto i tratti della sfida e della scoperta, c’è il nuovo libro, La Cucina dei mercati in Toscana, che finalmente uscirà il 9 febbraio, ci sono i corsi di cucina che presto ricominceranno. Mi sento però finalmente rigenerata, una persona nuova, più capace, in grado finalmente di gestire non solo il lavoro ma anche tutto quello che va al di là, le mie ritrovate curiosità e la voglia di passare del tempo accanto alle persone che più contano.
La vellutata di cavolfiore e cannellini
Questa vellutata fa parte dei miei esercizi di focalizzazione, cucinarla serve per essere presente a me stessa. I porri vanno affettati sottilmente, fatti cuocere all’inizio con poco olio e sale fino a che non si ammorbidiscono, facendo in modo che non brucino. Non avete idea di quanti piatti al limite tra il caramellato e il bruciato ho fatto mangiare a Tommaso negli ultimi mesi, era arrivato il momento di mettere un freno a questa tendenza!
Ci ho messo del tempo a abituarmi alle vellutate. Per abitudine familiare, gli unici piatti che più si avvicinassero alla consistenza di una vellutata sono stati per anni soltanto la minestra di verdura, rigorosamente passata perché mamma non ha mai potuto sopportare i pezzettini di verdura nel brodo, e il passato di fagioli con i tubettini. Basta. Qualsiasi altro piatto richiedeva una masticazione impegnativa, sia che fosse pasta, riso o un piatto di carne e pesce con la verdura.
Eppure adesso una vellutata bollente, servita in una ciotola che sembra fatta apposta per essere abbracciata con le mani, è tutto quello di cui sento di aver bisogno alla fine di una giornata fredda passata a lavorare, dopo un’incursione in giardino per potare la verbena per l’inverno o alla fine di una passeggiata sul mare, dopo che il vento ti ha spettinato capelli e pensieri. Il mare d’inverno, che bella abitudine da coltivare…
La vellutata di cavolfiore e cannellini
Ingredienti
- 1 porro di medie dimensioni
- Olio extra vergine di oliva
- 1 cucchiaino di sale
- 1 palla di cavolfiore di circa 500 g
- 500 ml di acqua calda
- 400 g di fagioli già cotti
- Timo fresco
- Pepe nero
Istruzioni
- Affettate finemente il porro e mettetelo in una pentola con qualche cucchiaio di olio extra vergine di oliva e un cucchiaino di sale. Fatelo stufare a fuoco basso, mescolandolo di tanto in tanto, per almeno 5 minuti, finché non si sarà ammorbidito.
- Aggiungete a questo punto il cavolfiore tagliato in cimette, mescolatelo bene ai porri e fatelo insaporire, sempre a fuoco basso, per altri cinque minuti.
- A questo punto aggiungete l'acqua calda e fate cuocere il cavolfiore finché non si sarà ammorbidito tanto da poter essere schiacciato con una forchetta.
- Aggiungete al cavolfiore anche i fagioli e cuocete per gli ultimi cinque minuti, quindi frullate tutto. Dovesse essere troppo dosa, aggiungete ancora un po' d'acqua. Condite con sale e pepe, un filo di olio a crudo e un po' di timo fresco.
Link Love – Cosa sto leggendo e cucinando in questi giorni
Cosa state leggendo o cucinando in questo periodo? Condividete se vi va nei commenti! Pare a me, o stanno uscendo tantissimi articoli interessanti che non faccio a tempo a leggere? La mia lista di cose da leggere su Pocket si allunga giorno dopo giorno.
- Ecco qualche altra vellutata già apparsa sul blog: la vellutata autunnale di ceci e zucca, che ha inaugurato il binomio verdura-legume, in sostituzione alle patate, una vellutata con patate e carciofi, e poi la vellutata di verza, nata per finire qualche ingrediente triste in frigorifero e diventata in poco tempo la ricetta più vista da quando è stata pubblicata.
- Qui trovate un’ode alle zuppe e una considerazione sull’idea di Mark Bittman, giornalista gastronomico del New York Times, secondo il quale qualsiasi ricetta che facciamo quotidianamente si colloca in un punto preciso del continuum tra lavoro e tempo. Nel mio articolo per Citrosodina trovare una variante della vellutata di cannellini guarnita con il pangrattato aromatizzato all’acciuga che vedrei bene anche nella ricetta di oggi.
- In questi giorni mi trovo spesso a sognare qualche viaggio on the road in Scozia o in Irlanda. Poi mi imbatto in articoli come questo, sulle isole Aran, e la voglia di sicuro non diminuisce.
- Tommaso ha comprato un libro di cucina. Cosa più unica che rara, perché di solito sono io che rientro carica di libri di cucina. Questa volta invece il colpo di fulmine è toccato a lui con New York. Le ricette culto, dal quale ha subito provato i muffin con limone e semi di papavero. Mentre sto scrivendo, sento distintamente l’aroma di burro e limone che arriva dalla sua parte di scrivania.
- Sul Washington Post è uscito un articolo di Domenica Marchetti, How to make the most of a roast: Give it an Italian accent, al quale sono fiera di aver contribuito anche io, se non altro con il mio amore palese per l’arista di maiale!
tu mi leggi nel pensiero, Giulia. Anche qui c’è tanto ma tanto bisogno di reimparare a focalizzarsi. Però…
(ehm)
quanti fagioli ci vanno?
😀
appunto, cosa dicevamo?!? ahahah! aggiunta la quantità, grazie!
😀
ho appena finito di frullare il tutto ed è venuto un meraviglioso purè… con che cosa mi consigli di diluirlo? acqua o latte?
(il sapore dei fagioli nasconde un po’ quello di cavolfiore, ma aspetto di riassaggiarla domani, dopo che l’avrò allungata)
Decisamente un po’ d’acqua! i sapore è quello! se ti piace più ‘cavoloso’ la prossima volta aumenta un po’ il cavolo e diminuisci i fagioli!
I tuoi post sono belli quanto le ricette che ci regali puntualmente…ma ora ti racconto cosa ho sognato stanote: durante una gara di cucina, vedi un po’, il giudice approva il mio piatto perché presentato su una VELLUTATA … e mi dice ” pensare ad una vellutata è indice di pienezza”…
-sto cercando di decifrare questo sogno e arrivi tu, con la tua vellutata….ti adoro 😉
Ho letto questo post per tante ragioni. Vedo di metterle giù in ordine logico.
Sono in attesa trepidante per prenotare il tuo libro.
Mi piace molto come scrivi ultimamente. Anche prima, ma ora, non so, mi sembra di intrecciare di più i miei pensieri con i tuoi.
E poi, e poi, ogni tuo post mi sa sorprendere fino alla fine. E così scopro che Irlanda e Scozia ci stanno chiamando. La Cavia sta proponendo l’Irlanda. Io ho rilanciato con la Scozia, ma non so perché gli entusiasma guidare di più in Irlanda. E ora le isole Aran! Potrebbero combinare la voglia di vacanza itinerante, ma calma. Mi metto a studiare i collegamenti.
PS. Ci avverti quando il tuo libro si può prenotare su Amazon? 🙂
Vellutate mon amour! Stasera la provo subito ?
Sei stata a San Vincenzo!!!!!
Camminare sulla passeggiata del marinaio mi fa sempre bene, si guarda il cielo, il mare, i colori e la testa si vuota.
Bella zuppa, perfetta per il freddo che c’è fuori, la farò questo fine settimana.
Carissima Giulia, se può consolarti non sei sola, questa sensazione di smarrimento l’avverto anch’io diverse volte, soprattutto quando sono oberata di impegni e pensieri. L’unica cosa da fare è fermarsi, prendersi tutto il tempo necessario per ripartire più forte di prima e tu ce l’hai fatta!
Non riesco a leggere molto in questo periodo, ad eccezione di qualche post tra cui i tuoi, che mi trasmettono sempre molto fiducia e serenità. Ho tanti progetti per la testa ma devo ancora capire come metterli in pratica, sembra che il tempo non sia mai sufficiente, a tal proposito, potrebbe sembrarti una domanda inopportuna ma corro il rischio… tu segui una scaletta o un piano settimanale a cui fai riferimento perché a volte “invidio” la costanza con la quale pubblichi, cucini, scrivi e chissà cos’altro!
P.S. Concordo con la lettrice Rossella, quando dice che nell’ultimo periodo ciò che scrivi incrocia molto i nostri pensieri, sarà per questo che non mi perdo mai un tuo articolo!
Ciao Giulia.
Che casualità…la Gran Bretagna chiama…io sto leggendo La mia Londra di Simonetta Agnello Hornby…non è il solito libro che ti dice vai di quà, vai di là…Ti spiega Londra con gli occhi di chi ci vive e la ama pur mantenendo intatta la propria italianità…Mi sta piacendo molto.
Per quanto riguarda i libri di cucina ovviamente non vedo l’ora di comprare il tuo!
Un abbraccio
Chiara