Un Natale toscano, fatto in casa, con un menù tradizionale
Pochi giorni a Natale, a un nuovo anno, e sembra che tutto sia successo all’improvviso, come se non mi aspettassi le vacanze, le feste, la frenesia dei negozi pieni di gente, un menu da decidere, ingredienti da comprare tra mercato e macellaio. Ci sei mai stato dal macellaio qualche giorno prima di Natale? È uno spettacolo che non puoi perderti, e il luogo perfetto dove imparare tante ricette. Basta origliare qualche conversazione, o prestare attenzione a quello che il macellaio declama su certi tagli.
Mi stavo ancora abituando all’autunno, alle sue mattine nebbiose e alle zuppe che scaldano le mani e lo spirito, quando ecco che il Natale e l’inverno entrano in scena senza avvertire.
Ho sempre creduto nella magia del Natale, ma quest’anno non avevo ancora avuto abbastanza tempo per rifletterci. Eh sì, perché questa è un tipo di magia che richiede dedizione, un scintilla di immaginazione e luci che scintillano nel buio. Non succede e basta, devi farla accadere. Ho nutrito questa magia negli anni con libri illustrati e racconti, con tanti sogni a occhi aperti, e soprattutto con una fiducia adamantina che qualcosa di meraviglioso accade sempre nei giorni prima di Natale.
Come descriverei il mio Natale ideale? Quali sono le prime parole che mi vengono in mente quando penso al Natale?
Quest’anno sceglierei umile. Umile come il ceppo di legno senza pretese che il capofamiglia metteva nel camino la sera della vigilia di Natale. Bruciava lentamente, le braci ardevano nell’oscurità, fino al giorno successivo, o a volte fino al nuovo anno. È una tradizione antichissima che affonda la sua origine nei riti pre Cristiani, forse legata addirittura ai riti del Solstizio d’inverno: il ceppo, un enorme tronco di legno, veniva messo la sera della vigilia nel camino per bruciare piano piano per la famiglia riunita per la veglia di Natale fino al giorno successivo, o addirittura fino a Capodanno o alla Befana. In alcune famiglie questo tronco veniva anche benedetto, unto e decorato ed accesso ritualmente dal capo famiglia.
Il ceppo rappresentava simbolicamente l’unione tra due mondi, quello della terra, dell’inverno, della morte e del buio dove affondava le sue radici e quello della luce, dell’aria e della vita dove allungava invece i suoi rami verso l’alto. Segnava il passaggio alla giorni della luce e richiamava attorno al suo cuore luminoso e caldo anche la famiglia, divenendone poi il simbolo insieme al camino.
Il ceppo, come diceva sempre mio mio nonno Remigio, portava anche i regali ai bambini – piccole cose, frutta dolce e qualche giocattolo. Con il passare del tempo il ceppo si trasforma, diventa stilizzato, viene impersonato da un omone enorme con una capigliatura folta e arruffata. Nelle varie zone della Toscana il rito si evolve in maniera diversa, ma è possibile vedere nella tradizione del ceppo l’origine dell’albero di Natale decorato e di Babbo Natale, chiamato appunto Ceppo in Toscana.
Il mio Natale è quindi intimamente legato all’inverno.
Il Natale come celebrazione religiosa e pagana della luce, l’inverno come la stagione in cui tutto ciò accade, quando accendi le candele, trascorri del tempo davanti al camino, quando la natura, lenta ma caparbia, lavora sotto il terreno ghiacciato per creare nuova vita. Io, una ragazza di luglio, fiorisco in inverno, nella stagione degli stufati confortanti, delle mattine ghiacciate, delle luci di Natale, delle candele, delle sciarpe di lana. Con meno corsi di cucina, siamo nella nostra bassa stagione, quando ho più tempo per pensare, cercare ispirazioni, leggere, cucinare solo per il piacere di farlo, solo per noi.
Il mio Natale ideale è connesso alla Natura.
Questo è il motivo per cui ho festeggiato il primo Natale a casa da sola, 7 anni fa, comprando un piccolo ginepro. Ho decorato l’alberino con qualche pallina e un filo di luci che avevo scelto dalla scatola dei miei genitori, un modo per portare il Natale della mia famiglia nella nuova casa. Questo gineprino vive ancora, in un vaso di terracotta, proprio davanti alla porta di casa: ci salutiamo ogni mattina.
Uno dei miei modi ideali per festeggiare il Natale sarebbe fare una passeggiata di mattina nel bosco, pineta per raccogliere ramoscelli, bacche e sempreverdi per intrecciare una ghirlanda per la porta di casa. Ogni anno, però, accantono questo desiderio: ho sempre impegni più impellenti, come trovare un regalo dell’ultimo minuto o preparare la pasta fresca per il pranzo di Natale, e allora rinvio la mia passeggiata nei boschi. Forse, se lo scrivo qui, quest’anno mi impegnerò perché questo piccolo desiderio si realizzi.
Il mio Natale è bianco.
No, non sto parlando di un paesaggio innevato. Qui sulle colline toscane, tra Siena e Firenze, non ho mai vissuto l’esperienza di un Natale bianco. Una volta ho passato il Natale in montagna con i miei genitori e lì ho vissuto il mio primo e unico bianco Natale. Di quelle vacanze, però, ricordo solo la neve, una minestrina in brodo con la stracciatella, i regali consegnati inaspettatamente in una stanza d’albergo e Babbo Natale, su un furgoncino bianco.
A casa, il Natale è bianco grazie a tutto lo zucchero a velo che copre, proprio come neve, i dolci tipici del Natale senese: una spolverata generosa sul panforte, uno strato fragile e crettato sui ricciarelli, il biscotti di pasta di mandorle che si sciolgono in bocca, con un delicato aroma di vaniglia e arancia.
Quando ho chiuso il mio quaderino, all’improvviso mi sono reso conto che la luce fuori era svanita, lasciando spazio a un cielo notturno limpido. Mi è sembrato di aver riacquistato il tempo, come se adesso potessi davvero sfruttare al massimo i pochi giorni rimasti. La magia del Natale era salva.
Un menù Toscano per un Natale fatto in casa
Prima di tirar giù dalla soffitta la nostra scatola di decorazioni natalizie e di provare a strigare le luci di Natale, attività che ci porterà via un bel po’ di tempo, voglio condividere con te alcune ricette tipicamente Toscane per un Natale genuino, fatto in casa. Molte di queste ricette probabilmente andranno a finire davvero nel nostro menù, sto già compilando la lista della spesa.
Antipasti
Come antipasto, sono sicura che ci saranno i crostini neri, fatti con i fegatini di pollo. Prima si cuociono i fegatini di pollo con carota, sedano e cipolla, una foglia di alloro, uno spicchio d’aglio. Quando sono cotti, aggiungi capperi, burro e pasta di acciughe e frullali fino a ottenere in un pâté vellutato. A volte mamma li prepara con la milza, seguendo la ricetta di zia Teresa.
Insieme a questi crostini, c’è una tradizione che non manca mai nel nostro menù di Natale, fin dagli anni ’80: i crostini di salmone affumicato. All’epoca era un ingrediente di lusso che si comprava solo per Natale. Si imburrava il pane e ci si drappeggiava sopra una fettina di salmone affumicato, poi si decoravano con un triangolino di limone. Ora il salmone affumicato è un ingrediente comune – spesso lo mangio per colazione – ma questi crostini di Natale hanno un sapore diverso, c’è qualcosa di speciale nel prepararli attorno a un tavolo vestito con una tovaglia rossa.
Primo
Qui non si transige, deve essere pasta fresca. Tommaso come ogni anno mi chiede i tortelli di patate del Mugello, conditi con un ragù robusto, di manzo o di cinghiale. La sua famiglia viene dal Mugello, la zona montuosa e boscosa sopra Firenze, questo è il gusto della sua infanzia.
Io di solito preferisco i tortelli ripieni di ricotta, come quelli che abbiamo realizzato per il nostro matrimonio, ma in una forma festosa, opulenta, come in questi cappellacci. Mamma e nonna preferiscono le lasagne. Ogni anno ne preparano quattro o cinque vassoi: lasagne semplici (per modo di dire, quelle classiche con sugo di carne, mozzarella e besciamella) e lasagne ai funghi, fatte solo con besciamella, funghi trifolati e Parmigiano Reggiano. Li congelano e così, durante tutte le vacanze, è sempre il momento buono per le lasagne.
Secondo e contorno
Qui in Toscana non c’è la tradizione del pesce. O per lo meno, da quando abbiamo abbandonato il salmone al forno degli anni ’80, scegliamo sempre la carne. Quest’anno potrei preparare di nuovo la lonza di maiale ripiena, magari aggiungendo un po’ di scorza d’arancia grattata insieme ai fiori di finocchio.
Spesso prepariamo il cinghiale, che poi serviamo come sugo per la pasta e come secondo. Più lunga è la cottura, migliore è il risultato: di solito scelgo brasati e stracotti quando abbiamo molti ospiti, perché puoi prepararli in anticipo e riscaldarli quando siamo pronti per sederci al tavolo. Il gusto ci guadagna sempre. Dato che mio suocero è un cacciatore, e poche settimane fa ci ha portato due fagiani, probabilmente ci sarà anche un fagiano in salmì sul nostro tavolo di Natale. Sarà nonna, 91 anni, a cucinarlo, perché ha ancora il tocco magico con la cacciagione.
Sformati di spinaci, carciofi o cardi saranno i nostri contorni, insieme a una teglia, meglio due, di patate arrosto, che sono sempre sulla nostra tavola, che sia Natale, domenica o un giorno che si vuole festeggiare per nessuno motivo.
Dolci
Da bravi toscani, chiudiamo ogni pranzo di Natale con panforte, ricciarelli e cavallucci. Quando ero piccina, si compravano al supermercato, sempre lo stesso marchio, ora ci organizziamo per tempo e li prepariamo nei giorni prima di Natale. Mamma sforna un centinaio di cavallucci nel nostro forno a legna, mentre io mi occupo di ricciarelli e panforte. Se vogliamo panettone e pandoro, li compriamo, non ho ancora avuto successo nel farli in casa.
Nei dolci poi ci discostiamo un po’ dalla tradizione, perché negli ultimi anni non manca mai la Christmas cake: non troppo diversa dal panforte, bagnata per qualche mese con brandy o whisky, ha il sapore dei miei Natali adulti.
Alla fine, non ti sorprenderai se ti dico che uno dei miei dolci natalizi preferiti è il tronchetto, che rappresenta proprio quel ceppo che ha dato il via a tutti i miei ricordi e pensieri di oggi. Con questo chiudo il cerchio, dal mio desiderio di vivere un Natale umile e tradizionale, al mio menu toscano.
E ora, una ricetta e una sorpresa.
Se dovessi scegliere il menù del mio ultimo pasto, senza dubbio io sceglierei la parmigiana di melanzane. Quando le melanzane sono fuori stagione, però, ecco che entra in scena la parmigiana di zucca. C’era già una vecchia ricetta qui sul blog, ora hai anche un video passo passo per rifarla. Potresti includerla nel tuo menù di Natale, che dici?
Dopo qualche anno, torniamo a fare video, e questa volta lavoreremo con Alessandro Semplici, un amico e un video maker di Siena, per darti video ricette che possano ispirarti e metterti voglia di cucinare, per portarti, ancora una volta, in cucina con me. Facci sapere cosa ne pensi nei commenti, e raccontaci se ci sono ricette che vorresti vedere in video, così ci lavoriamo.
Che meraviglia Giulia…
Come vorrei un inizio anno un po’ toscano… Chissà 😉
(la foto delle foglie gelate super tooop ;-))
Un abbraccio a tutti e due e spero a prestissimo <3
Buonasera e complimenti! Nel vedere la fotografia del patè di fegatini che anche noi qui a Carrara mangiamo per Natale, mi piace ricordare come cuciniamo qui i crostini. Affettiamo il pane, in genere la baguette, immergiamo velocemente le fette nel latte freddo, le infariniamo e le friggiamo nell’olio caldo. Dopodiché quando sono intiepidite mettiamo un ricciolo di burro e il patè. Un sogno..Buon Natale e grazie.
Cara Giulia, leggo sempre molto volentieri i tuoi post. Ritrovo piatti, preparazioni e modi di dire che pensavo di aver dimenticato! Trapiantata a Milano da quarant’anni, quasi il doppio di quelli vissuti a Volterra, mi sono commossa fino alle lacrime quando ho letto “strigare le luci”. Strigare!, e chi se lo ricordava più…
Grazie, e buone feste!
Tina