Camini, fuoco antico e un risotto con pecorino di Pienza e castagne
Il camino scalda in maniera diversa. È proprio il calore del fuoco, il suo profumo, che sono diversi. Non so se avete mai provato a riscaldare le coperte e il letto con il caldano e lo scaldaletto. Prima dello scaldasonno, prima della coperta elettrica, prima ancora della borsa dell’acqua calda, c’erano loro a garantire sonni tranquilli ai contadini durante l’inverno.
La sera si raccoglievano i tizzoni rimasti nel camino o nella stufa all’interno del caldano, un recipiente in terracotta con un manico, che veniva poi attaccato allo scaldaletto. Questo non è altro che un attrezzo di legno simile a uno slittino da neve, conosciuto in alcune zone anche come prete. Il caldano si infilava sotto alle coperte, che rimanevano ben tese grazie allo scaldaletto, e piano piano rilasciava il suo tepore. Nel passato c’erano coperte e panni pesanti, in lana, che oltre ad essere fredde tendevano anche a diventare umide, nelle stanze poco o per nulla riscaldate della casa. Il caldano garantiva quindi un ingresso meno scioccante sotto alle coperte.
Io sono cresciuta in una casa di campagna, riscaldata adeguatamente, con coperte moderne e adatte alla mia età di bambina. Eppure, dopo un’esperienza poco piacevole con la coperta elettrica, anche noi siamo tornati a usare il caldano. La sera mamma all’ora di cena lo metteva nel mio letto e poi, una volta caldo, lo spostava nel suo. Io entravo e mi rannicchiavo tutta come un topolino, per distendermi poi rilassata in quel letto caldo profumato di fuoco.
Era un caldo diverso, asciutto, quasi tostato, un caldo antico che rimane nelle narici e sulla pelle, lo stesso caldo del fuoco che arde in un camino.
È tornato l’autunno, insieme all’autunno sono arrivate giornate di pioggia e vento. Mi affaccio alla finestra e vedo gli alberi che già cambiano colore e che lasciano andare le loro foglie ormai stanche alle richieste insistenti del vento. La casa si raffredda e viene voglia di accende la stufa. A volte la stufa non basta. Non è solo una questione di caldo, ma di calore, odore, ricordi. Allora accendiamo il camino, specialmente durante il fine settimana, e immediatamente cambia l’atmosfera di tutta la casa.
Il camino mette pace interiore, il suo crepitare mette allegria. Per quel che mi riguarda, mette anche voglia di cucinare ricette altrettanto confortanti e accoglienti, proprio come un risotto.
Quando ancora lavoravo in ufficio e tornavo a casa stanca e irritabile, un risotto mi metteva in pace con il mondo. Bastava il gesto istintivo del mantecare il risotto, valeva come una terapia: incanalavo i miei pensieri negativi e le mie ansie in quel girare convinto con un mestolo di legno e poco dopo ogni preoccupazione si era dissolta.
Autunno, fuoco del camino e risotto sono toccasana per la vita.
Questo ultimo risotto risente dei miei giri in Toscana degli ultimi mesi. Oltre alle castagne del Mugello, volevo usare un po’ di quella scorta enorme di pecorino che mi sono portata a casa dal nostro ultimo weekend in Val d’Orcia.
A ben guardare, l’Italia è piena di pecorini: c’è quello Siciliano, quello Sardo, quello Romano e quello Toscano. Il pecorino di Pienza ha caratteristiche particolari che lo rendono differente da tutti gli altri formaggi. Già Plinio il Vecchio rammenta di allevamenti di pecore in Toscana in epoca romana, ma dai ritrovamenti pare che già dall’epoca etrusca ci fossero allevamenti ovini in queste zone.
Il pecorino di Pienza ha quindi origini antiche, era già amato da Lorenzo il Magnifico. È un formaggio prodotto con latte crudo intero di pecora allevata allo stato semibrado con foraggi esclusivamente del territorio. L’abbiamo vista questa zona argillosa, incredibilmente bella ma difficile, povera, dove è arduo coltivare. quello che ci cresce, assenzio, barba di becco, ginepro, ginestrino, salvastrella, è quello di cui le pecore possono nutrirsi e che conferisce al pecorino di Pienza il suo aroma unico.
La coagulazione del formaggio viene fatta sia con caglio di vitello che di pressura, il caglio più antico e vegetale ottenuto dagli stami di carciofo selvatico che cresce abbondante nella zona. La lavorazione particolare produce un formaggio a pasta gessata, non elastica, che è favoloso mangiato fresco o semi-stagionato con le fave, ma rende anche magnificamente in cottura.
Ecco quindi come siamo arrivati all’idea di questo risotto, girando per la Toscana…
Risotto integrale con pecorino di Pienza e castagne arrosto
Ecco la seconda ricetta del progetto Biolover.
Ho scelto un riso Arborio, l’icona del riso italiano di qualità, e l’ho scelto integrale, perché desse al risotto una nota più rustica. Questo risotto è un giro nella Toscana che amo: ci sono le cipolle di Certaldo, leggermente schiacciate e succose, che sono il punto di partenza del risotto insieme a un olio dei Colli fiorentini, c’è il Pecorino di Pienza semi stagionato, a pasta gessata, e ci sono le bruciate, le castagne del Mugello arrostite. Venite con me?
Risotto con pecorino di Pienza e castagne arrosto
Ingredienti
- 1 cipolla di Certaldo, o 3 scalogni
- 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva
- 400 g di riso Arborio integrale
- 1 bicchiere di vino bianco
- 1,5 l di brodo vegetale, leggermente salato
- 150 g di pecorino di Pienza semi stagionato
- 20 castagne arrostite
Istruzioni
- Affetta sottilmente la cipolla di Certaldo e mettila in un tegame dal fondo spesso con l’olio extra vergine di oliva. Falla imbiondire a fuoco basso, poi aggiungi il riso e fallo tostare per qualche minuto, girandolo continuamente con un mestolo di legno.
- Quando il riso è tostato e ben caldo versa il vino bianco e fallo sfumare.
- Continua la cottura del risotto aggiungendo via via il brodo vegetale caldo, mescolando spesso. Serviranno circa 40 minuti perché il riso assorba tutto il brodo e sia pronto al dente.
- Mentre il riso è in cottura incidi le castagne con un coltello ben affilato e cuocile in una padella a fuoco medio – o nel camino – finché non saranno bruciacchiate qua e là. Falle raffreddare leggermente e sbucciale. Trita le castagne lasciandone qualcuna intera per decorazione.
- Quando il riso è pronto aggiungi il pecorino sbriciolato con le mani e manteca il risotto mescolando con energia con un mestolo di legno. Aggiungi anche le castagne tritate e regola, se necessario, di sale.
- Servi il risotto ben caldo e morbido con qualche castagna sbriciolata grossolanamente sopra.
E’ proprio così, il calore del camino è nettamente diverso. Non lo sapevo prima di venire a vivere qui, ma ora non starei più senza. E’ così bello che quando si smette di accenderlo all’arrivo della primavera si sente come un vuoto in casa. Il caldano invece non l’ho mai provato, ma nemmeno la coperta elettrica, mi infilo stoicamente nel letto ghiacciato tutte le notti d’inverno. Mi ha sempre intimorita un po’ l’idea di mettere della brace sotto le lenzuola, mi ha sempre dato l’idea di casa in fiamme. Ma forse dovrei provare e smetterla di essere così masochista 🙂
Bella questa breve storia del pecorino toscano e buonissima la ricetta!
Il camino e il suo calore hanno tutto un altro sapore. Sa di famiglia, di tradizione, di focolare domestico, di serenità e sicurezza interiore. Questa ricetta deve essere sensazionale, non vedo l’ora di provarla!
Grazie!
Un abbraccio
LuluCuomo
Bellissimo post e deliziosa ricetta 🙂
Adoro queste tue foto dal sapore d’autunno e non vedo l’ora di provare la ricetta
Grazie!