Livorno e il baccalà in agrodolce
Ho conosciuto Livorno grazie a una delle mie migliori amiche, Laura. Sua nonna Rina abitava a Livorno, proprio accanto allo stadio, e durante i primi anni dell’università siamo andate a trascorrere un fine settimana da lei. Di lei mi ricordo il sugo di pomodoro, l’orgoglio con cui guardava i suoi nipoti e l’accento siciliano-livornese, che cambiava a seconda dell’interlocutore.
Appena arrivate la mamma di Laura ci portò subito al mercato di Piazza Cavallotti, il mercato di frutta e verdura più vivace che avessi mai visto, e lì cominciammo la giornata con un frate fritto, una ciambella coperta di zucchero così soffice che sparisce in pochi bocconi, lasciando solo il ricordo dello zucchero sulle labbra e la voglia di mangiarne subito un altro.
Livorno mi assalì con i suoi colori e i suoi odori, con la schiettezza diretta della gente, la loro simpatia e il loro rapporto simbiotico con il mare. La terrazza Mascagni è ancora oggi uno dei miei luoghi preferiti in Toscana: la sua pavimentazione a scacchiera è ipnotica e inganna lo sguardo, portandoti dritta verso il mare.
Livorno è la protagonista della tappa di oggi per il tour della Toscana con Ventura, alla scoperta di ricette tradizionali con la frutta secca.
Pellegrino Artusi non ha mai avuto una grande simpatia per Livorno, come non ce l’aveva per il baccalà.
“Il baccalà a Firenze gode buona reputazione e si può dir meritata perché si sa macerar bene, nettandolo spesso con un granatino di scopa, e perché essendo Labrador di prima qualità, quello che preferibilmente vi si consuma, grasso di sua natura, è anche tenero, tenuto conto della fibra tigliosa di questo pesce non confacente agli stomachi deboli; per ciò io non l’ho potuto mai digerire.”
(Pellegrino Artusi – La Scienza in Cucina e l’Arte di mangiar bene)
Eppure, tra tutte le città toscane, io ho un debole per Livorno. Prima del cacciucco, ciò che ha unito quel variegato mondo di genti provenienti da ogni ceto sociale e nazione, popolo e mercanti, schiavi e consoli, è stato proprio il baccalà. Prima i merluzzi del nord arrivano come stoccafisso nel Settecento, quando iniziarono i traffici regolari con la città di Bergen, in Norvegia. Il baccalà arriva successivamente, entra in commercio a Livorno dopo il 1850.
È un piatto del popolo, per i giorni di magro. A Livorno si cucina coi ceci, fritto, sotto il pesto, con le erbe, a polpettine e in crema, con i porri e con il pomodoro, altra costante della cucina livornese.
Baccalà in agrodolce
Leggendo il libro La cucina livornese, di Aldo Santini, uno che aveva poco in simpatia Artusi, ho trovato il baccalà in agrodolce con uvetta e pinoli, che rappresenta bene la cucina livornese, fatta di pesce povero, concentrato di pomodoro e influenze vivificanti apportate da altre culture, tutte accolte in città e inglobate in quella che più che una melting pot è una pentola di cacciucco.
Baccalà in agrodolce
Ingredienti
- 1 kg di baccalà ammollato
- Olio extra vergine di oliva
- 2 spicchi di aglio
- Peperoncino secco
- 1 cucchiaio di uvetta
- 1 cucchiaio di pinoli
- 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
- 250 ml di acqua
Istruzioni
- Usate un filetto di baccalà già ammollato. Io per precauzione quando lo compro già ammollato lo tengo comunque in una bacinella di acqua fredda per tutta la notte, cambiando se possibile l'acqua almeno due volte.
- Tagliate il baccalà a bocconcini e asciugatelo bene con un po' di carta da cucina.
- Friggetelo in una padella con un filo d'olio d'oliva, girando via via i pezzetti appena diventano dorati. Metteteli da parte.
- In una padella mettete qualche cucchiaio di olio, l'aglio tritato e il peperoncino secondo i vostri gusti: io ne ho messo uno intero, non troppo piccante, che ho tolto poi alla fine, quando aveva già insaporito il sugo.
- Aggiungete il baccalà fritto, uvetta, pinoli e il concentrato di pomodoro sciolto in 250 ml di acqua fredda.
- Fate cuocere a fuoco basso per circa 45 minuti, finché non si sarà formato un sugo denso e saporito. Servitelo caldo con abbondante pane fresco per la scarpetta.
I pinoli – curiosità
Già vi ho raccontato del mio amore per i pinoli in passato, per quel legame fortissimo che hanno con la mia infanzia e con i pomeriggi passati al piazzale a San Gimignano con nonno. I pinoli sono la star di un classico dolce senese da forno e pasticceria, la pinolata, e del celebre castagnaccio, ma anche la corazza di questi pasticcini di pasta di mandorle tanto belli quanto buoni. Sono un ottimo ingrediente per arricchire il ripieno di carne e pesce, come nel caso di questi totanini ripieni di pane, ma anche il tocco in più per condire la pasta fresca, come ho fatto con i tortelli di zucca e patate.
Lo sapevi che… Anche la polvere marrone che avvolge il guscio dei pinoli è impiegata nell’industria alimentare come aromatizzante. Addirittura in Francia viene usata per dare un profumo del tutto unico a particolari tipi di pani. (Fonte Madiventura.it)
Il giro della Toscana con Ventura
Insieme a Ventura stiamo percorrendo la Toscana per scoprire come di zona in zona cambia l’uso della frutta secca, come nocciole, noci, pinoli e mandorle diventano biscotti, torte, pani o ripieni con una spiccata impronta locale. Ecco le tappe già fatte:
- La spongata della Lunigiana. Qui pinoli, mandorle e fichi secchi sono mescolati a marmellata di arancia, confettura di fichi e di mele per formare un ripieno appiccicoso e speziato, racchiuso tra due dischi di frolla.
- I quaresimali fiorentini. La ricetta è tradizionalmente priva di grassi animali, quindi niente tuorli, solo albumi. Basta un cucchiaio di cacao amaro e una manciata di nocciole per creare però biscotti che non riesci a smettere di sgranocchiare, allettato dall’idea che, in fondo, non facciano poi così male…
- La torta coi bischeri di Pisa. Questa torta ha in più il pregio di essere veloce da realizzare e arricchita da un ripieno denso di cioccolato, canditi, uvetta e pinoli. Accompagna degnamente un caffè o un bicchierino di vinsanto dopo un pranzo di famiglia.
- Il buccellato di Lucca, un dolce costituito da pasta di pane, arricchita solitamente da zucchero, uvetta e semi di anice, un altro ingrediente molto diffuso in biscotti e pani dolci della Toscana.
buono il baccalà in agrodolce…anche secondo me la terrazza Mascagni di Livorno è bellissima, di fronte al mare; ho la fortuna di vederla spesso perché lavoro proprio a Livorno, pur vivendo a Pisa; due città alle quali sono particolarmente affezionata.
“…in quella che più che una melting pot è una pentola di cacciucco.” Non potevi rendere meglio l’immagine di Livorno! Amo molto questa città , così verace e diversa dalle cugine toscane. 🙂 Dani
Ciao.
Io non conosco Livorno ma il mio compagno ama il baccalà e io amo l’agrodolce…quindi non mancherò di provare questa ricetta.
A presto
Conosco poco la Toscana, ma grazie alle tue ricette così appassionate, mi risfulta talmente familiare…
Il baccalà a casa dei miei genitori, lo mangiano tutti, tranne me!! ma con questa uvetta e questi pinoli, mi viene l’acquolina 🙂
Che bontà! Ti suggerisco di provare il ligure “brandacujun”, solo il nome è poesia!
E’ una delizia!
[…] puoi trovare un’altra ricetta del baccalà livornese, un baccalà in agrodolce. Questa ricetta rappresenta perfettamente la cucina livornese, fatta di pesce povero, concentrato […]