Siena e la composta saporita di Violante di Baviera
Per capire veramente il Palio devi essere di Siena. Devi crescere in una contrada, una seconda famiglia allargata in cui sentirsi a casa circondato da amici. Devi riconoscere l’arrivo dell’estate dal tufo in terra in Piazza del Campo, messo pochi giorni prima del Palio del 2 luglio, quello dedicato alla Madonna di Provenzano. Lo stomaco ti si stringerà in una morsa di nostalgia quando, dopo il Palio dell’Assunta del 16 agosto, toglieranno il tufo di piazza, perché quello sarà il segno che l’estate è giunta agli sgoccioli. Il tuo calendario sarà scandito da feste titolari e cene in contrada.
Per capire veramente il Palio devi esserci nato. Oppure, devi avere un amore così forte, una curiosità così genuina e appassionata che ti permetteranno di filtrare nelle maglie del tessuto senese e diventare uno di casa in una contrada.
Nonostante abiti a soli trenta minuti di macchina da Siena, mi sono sempre sentita fuori posto al Palio, non l’ho mai sentito mio, mi mancava sempre un tassello per capirlo a pieno. Negli ultimi anni, però, complice l’arrivo di Tommaso, un fiorentino in terra senese, abbiamo avuto occasione di vivere qualche giorno di Palio in compagnia della mia amica Laura, una che a Siena è nata e cresciuta.
Quando la contrade arrivano in Piazza del Campo cantando è impossibile rimanere indifferenti. Sembrano veri e propri canti di guerra: un’unica melodia per tutti, con parole che cambiano di contrada in contrada. Le voci che rimbombano nelle strade strette di Siena ti entrano dentro, sono rimandi viscerali a un tempo passato.
Il Palio nasce come giostra equense di origine medioevale, ha una storia strettamente intrecciata a quella della città, del suo tessuto sociale e delle alterne fortune dei suoi amministratori. Dopo la grande peste del 1347 a Siena c’erano quarantadue contrade, che prendevano i loro nomi da fonti, chiese, strade o porte della città o dalle famiglie più illustri del territorio.
Oggi le contrade a Siena sono diciassette: la suddivisione del loro territorio, il loro ordinamento e la loro organizzazione si deve a una donna, Violante Beatrice di Baviera, governatrice di Siena. Violante, vedova di Ferdinando de’ Medici, aveva ricevuto dal suocero Cosimo III, per un giro di intrighi politici, il Governatorato della città di Siena, ai tempi controllata dalla famiglia fiorentina.
La nuova governatrice venne accolta dalle contrade in Porta Camollia al suo arrivo nel 1717: questa accoglienza sancisce da subito un legame di profondo amore con l’istituzione e la tradizione del Palio.
Violante capisce infatti che le contrade a Siena non sono solo un passatempo o un aspetto pittoresco, ma vere e proprie istituzioni. Acconsente quindi all’istituzione di un regolamento delle corse del Palio: nel 1721 il collegio di Balia emette il Bando che ancora adesso, con qualche modifica, costituisce il regolamento vigente del Palio.
Ma il processo di regolamentazione delle contrade non finisce qui. Nel 1730, per porre fine alle controversie di confine, Violante emana il famoso Bando sulla Nuova divisione dei confini delle Contrade, che stabilisce a diciassette il numero delle contrade, sopprimendone alcune e inglobandone altre all’interno delle contrade rimaste. Il bando va anche a definire i confini di ogni contrada e il numero di abitanti, per far sì che ognuna potesse essere autonoma e capace di sostenersi economicamente. Ancora oggi valgono le leggi di Violante e le suddivisioni del centro cittadino in diciassette contrade.
Eccoci quindi a Siena con il giro della Toscana con Ventura, e a una ricetta che era una delle preferite di Violante Beatrice di Baviera, la composta saporita: prugne e albicocche secche cotte in vino bianco e spezie fino a ridursi in una composta dolce e speziata. Le sue influenze bavaresi si sentono però in un’aggiunta alla composta che si deve a lei, a detta di Giovanni Righi Parenti: uvetta e pinoli, come nel più classico strudel.
Composta saporita
Avete presente la semplicità di servire come dolce una mousse di ricotta o una coppetta di pesche al vino? Ecco, la composta saporita rientra in quella categoria di dolci che potete preparare anche a occhi chiusi con una mano legata dietro la schiena, che vi risolvono la serata sia che abbiate amici che si presentano all’ultimo minuto per una cena improvvisata sia che abbiate voglia di un dolcino speziato in una sera da pigiama – divano – tv.
L’unica accortezza è quella di tenere sempre in dispensa un po’ di frutta secca e qualche prugna e albicocca secca, ma anche mele o fichi, per le emergenze. Se ancora non lo fate, vi consiglio di attrezzarvi perché in pochi minuti avrete a disposizione uno di quei dessert che lasciano il segno. Una manciata di frutta secca, un po’ di spezie, il vino bianco avanzato e un po’ di zucchero, e il gioco è fatto.
La ricetta è tratta da La cucina toscana, di Giovanni Righi Parenti.
Composta saporita
Ingredienti
- 100 ml di vino bianco secco
- 100 ml di acqua
- 100 g di zucchero
- 10 albicocche secche
- 10 prugne secche
- 1 cucchiaio di uvetta
- 1 cucchiaio di pinoli
- 1 stecca di cannella
- 2 anici stellati
- 2 chiodi di garofano
- 1 pizzico di noce moscata grattata
- 1/2 bicchierino di vinsanto
Istruzioni
- Versate in un pentolino vino, acqua e zucchero, poi aggiungete le albicocche secche, le prugne secche denocciolate, l'uvetta, i pinoli e le spezie.
- Mettete il pentolino su fuoco basso e cuocete per una decina di minuti, mescolando di tanto in tanto, finché il liquido non diventa uno sciroppo ambrato e denso che abbraccia e glassa ogni pezzetto di frutta.
- Spegnete il fuoco e aggiungete mezzo bicchierino di vinsanto, mescolate e servite.
Come usare la composta saporita
Versate la composta con il suo sciroppo denso e speziato in quattro ciotoline di porcellana o in bicchierini delicati in cristallo se volete rispettare a pieno il suo carattere raffinato e vecchio stile. Servitela come dessert alla fine di un pasto, meglio in giorni ventosi e freddi che gioveranno dallo stringere le mani attorno a questa composta calda.
Se pur piccolo, un bicchierino di composta saporita fa la sua parte e tiene banco anche dopo un pasto importante con cinghiale, tagliatelle al sugo o peposo. Le spezie, poi, saranno un valido aiuto alla digestione.
Non finisce però qui. La composta saporita, una volta tiepida, si presta bene anche ad accompagnare un gelato o una crema di mascarpone, ma anche una fetta di torta semplice, che dall’incontro con le spezie e lo sciroppo della composta si trasformerà in un fine pasto di carattere. L’ho provata con la torta di pane, e devo dire che la composta ha sconvolto quella che era una torta da colazione, promuovendola in un istante a dolce goloso da servire dopo cena o a merenda.
L’uvetta
In questa composta dolce l’uvetta arriva sulla scorta dell’influenza tedesca, portata da Violante di Baviera. Lo strudel è infatti uno dei dolci che meglio valorizza l’uso dell’uvetta al suo interno. Qui trovate un’ottima ricetta, anche se la mia preferita resta sempre quella di Azabel e del suo strudel di mele e castagne.
L’uvetta, ingrediente amato e odiato all’interno dei dolci, crea da sempre schieramenti contrapposti, un po’ come fanno i canditi nel panettone (e per vostra informazione per me sì, ci vogliono, tanti e di buona qualità). Qui trovate un articolo divertente, Dessert Recipes For Raisin Lovers (Haters, Steer Clear), con ben 19 ricette che celebrano l’uvetta e la elevano a star del piatto.
Il giro della Toscana con Ventura
Insieme a Ventura stiamo percorrendo la Toscana per scoprire come di zona in zona cambia l’uso della frutta secca, come nocciole, noci, pinoli e mandorle diventano biscotti, torte, pani o ripieni con una spiccata impronta locale. Ecco le tappe già fatte:
- La spongata della Lunigiana. Qui pinoli, mandorle e fichi secchi sono mescolati a marmellata di arancia, confettura di fichi e di mele per formare un ripieno appiccicoso e speziato, racchiuso tra due dischi di frolla.
- I quaresimali fiorentini. La ricetta è tradizionalmente priva di grassi animali, quindi niente tuorli, solo albumi. Basta un cucchiaio di cacao amaro e una manciata di nocciole per creare però biscotti che non riesci a smettere di sgranocchiare, allettato dall’idea che, in fondo, non facciano poi così male…
- La torta coi bischeri di Pisa. Questa torta ha in più il pregio di essere veloce da realizzare e arricchita da un ripieno denso di cioccolato, canditi, uvetta e pinoli. Accompagna degnamente un caffè o un bicchierino di vinsanto dopo un pranzo di famiglia.
- Il buccellato di Lucca, un dolce costituito da pasta di pane, arricchita solitamente da zucchero, uvetta e semi di anice, un altro ingrediente molto diffuso in biscotti e pani dolci della Toscana.
- Il baccalà in agrodolce di Livorno, con uvetta e pinoli, che rappresenta bene la cucina livornese, fatta di pesce povero, concentrato di pomodoro e influenze vivificanti apportate da altre culture, tutte accolte in città e inglobate in quella che più che una melting pot è una pentola di cacciucco.
- I biscotti di Prato, in questo caso con i pistacchi. Non solo le mandorle, infatti, vanno a arricchire i biscotti di Prato, ma a seconda dell’occasione anche nocciole (e cioccolato fondente, provate) o pistacchi e cioccolato bianco. Questa è forse la mia combinazione preferita, elegante, raffinata e irresistibile, con un caffè forte o un tè nero, ma anche da soli, a metà mattina o nel pomeriggio, per spezzare la fame e la voglia di cose buone.
- La torta di mandorle di San Marcello Pistoiese. La torta ubriaca di vinsanto perde ogni reticenza e umiltà, esplode e rivela i suoi profumi: sentirete il liquore strega che già la profuma sottilmente, i semi di anice, così tradizionali, la scorza di limone e le mandorle tostate. È una torta da mangiare a piccoli morsi, una pausa tra chiacchiere e confidenze.
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